Donato Di Santo

Tra Italia e America Latina

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Prime missioni politiche in Nicaragua

La mia prima missione politica fu in Nicaragua (per fortuna l’unico paese che già conoscevo essendoci stato nell’84 e nell’87), il PCI era stato invitato alle cerimonie del decimo anniversario della rivoluzione sandinista: il 19 luglio. Eravamo due persone: io ed il capo delegazione, Umberto Ranieri, giovane membro della Direzione nazionale, che successivamente - dopo Fassino - sarà Responsabile del Dipartimento esteri e poi parlamentare e Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri. Dopo il Nicaragua proseguimmo per Cuba.
Grande Convegno internazionale, al Centro Olof Palme di Managua, su "Democrazia e rivoluzione”, con una discreta relazione di Daniel Ortega che, rimarcando la peculiarità della rivoluzione sandinista, ricordava che (a differenza di Cuba, ndr) da loro i partiti non erano stati aboliti, ve n’erano una ventina, oltre all’FSLN. Intervennero il Premio Nobel per la Pace, l’argentino Adolfo Pérez Esquivel; Luis Echeverria, ex Presidente del Messico; Guillermo Ungo, prestigioso esponente salvadoregno dell’FDR, legato al FMLN; lo scrittore uruguayano Eduardo Galeano; Alfonso Barrantes, dirigente della sinistra peruviana. Retoriche le conclusioni di Tomas Borge, Ministro dell’Interno. L’anno seguente, al 7° Incontro nazionale del PT in Brasile, attaccherà il PCI per la decisione di entrare nella IS: poco dopo l’FSLN farà la stessa scelta, e Borge non si perderà neppure una riunione della "odiata” Internazionale…
In Nicaragua imperversava la guerra sporca dei "contras”, sovvenzionata dagli USA, centinaia e migliaia erano i giovani a morire, come il fratellino della piccola Arlen, Luisito, o a rimanere per sempre invalidi falcidiati dalle mine antiuomo. Inoltre gli alimenti scarseggiavano sempre più, l’inflazione alle stelle: questi furono i motivi per cui, nel 1990, in elezioni libere, la popolazione nicaraguense votò per Violeta Chamorro. I sandinisti riconobbero, a malincuore ma onestamente e nobilmente, il risultato delle elezioni (e per questo vennero a più riprese criticati da Fidel Castro) e, salvo l’episodio della "piñata” (l’accaparramento di beni pubblici prima del passaggio delle consegne: fatto grave ma, obiettivamente, del tutto limitato e secondario), tutto andò liscio.
Prima della giornata del 19 luglio e della grande manifestazione di popolo, abbiamo modo di fare molti incontri interessanti, fra gli altri con: Samuel Santos, Sindaco di Managua, di cui diventerò amico e che tanti anni dopo sarà Ministro degli Esteri di un Daniel Ortega rieletto Presidente; Dionisio "Nicho” Marenco, brillante dirigente politico sandinista, grande esperto di comunicazione, che molti anni dopo sarà Sindaco a Managua; Bayardo Arce, uno dei "nove” comandanti della rivoluzione; Ana Guadalupe Martinez, dirigente dell’ERP, uno dei cinque gruppi guerriglieri, diretto da Joaquin Villalobos, all’interno dell’FMLN; Miguel Sainz, anche lui salvadoregno dell’FMLN, del PCS, il cui massimo esponente era Shafik Handal.
Successivamente tornerò spesso in Nicaragua. Nel ’90, ad esempio, dopo la sconfitta sandinista (e dopo la "piñata”), conoscerò José Pasos, dirigente internazionale dell’FSLN, il medico che curava il dittatore Somoza e che, da patriota, collaborò alla vittoria delle forze rivoluzionarie fornendo preziose informazioni. Incontrerò anche uno dei decani della cooperazione italiana, Pierangelo Rocco, del MLAL, che ritroverò successivamente in Bolivia.
Ma l’incontro più difficile, dal punto di vista organizzativo, fu con un esponente della guerriglia salvadoregna e membro dell’Ufficio politico del PCS, "Hugo”, fu un incontro clandestino al quale andai con Gianni Beretta.
Nel ’91, ovviamente a cavallo del 19 luglio, si tenne il 1° Congresso del Frente Sandinista de Liberacion Nacional, FSLN. Con me il milanese Roberto Vitali, della Direzione nazionale PDS (che tanti anni prima era il mio Segretario regionale in Lombardia), e il ferrarese Alfredo Zagatti, del Consiglio nazionale. C’era anche la Coordinatrice nazionale dell’Associazione Italia-Nicaragua, Simonetta Frangilli. E c’erano,forse per la loro prima "uscita internazionale”, due esponenti della neonata Rifondazione comunista: Eugenio Melandri e Nichi Vendola (quest’ultimo lo conoscevo dai tempi della FGCI).
Il Congresso venne aperto da un discorso di Ernesto Cardenal, cui seguì una relazione politica di Luis Carrion. Il dibattito si incentrò soprattutto sul tema scabroso della "piñata”, ed ebbe un momento speciale nell’arrivo, insieme, di Humberto Ortega e Antonio Lacayo: era la fotografia del pragmatico compromesso (arte in cui i sandinisti sono maestri), che salvava il Nicaragua dalla guerra civile.
Humberto era il fratello di Daniel e Capo dell’esercito, Lacayo Ministro della Presidenza di Violeta Chamorro. Altro momento alto, l’intervento di Sergio Ramirez, ex Vice Presidente della Repubblica e grande scrittore (anni dopo, con il libro "Adios muchachos” darà l’addio al Frente).
Ma quel Congresso si caratterizzò anche per un’altra vicenda: la feroce emarginazione di Dora Maria Tellez, figura storica della rivoluzione, amatissima dalla base (infatti fu la prima degli eletti per l’assemblea nazionale del Frente, organismo rappresentativo, per il quale i delegati votavano) ma, dopo un duro braccio di ferro politico, venne esclusa dalla Direzione nazionale (organismo decisionale, per eleggere la quale i delegati non votavano). Da quel momento inizierà il lento, inesorabile e triste distacco di Dora Maria.
A latere del Congresso, incontrammo bilateralmente l’FMLN: Joaquin Villalobos, Roberto Roca (cioè due dei cinque Comandanti), e Ana Guadalupe Martinez. Da quella riunione risultò chiaro che, saggiamente, non ci sarebbero state altre "offensive finali”, stile ’89, e che la scelta del negoziato di pace, pur difficile, fosse quella definitiva per uscire dalla guerra interna in El Salvador.
Nel ’92 tornai a Managua per partecipare al 3° Foro de São Paulo, dove ormai il PDS era invitato permanente. Con me venne Mariella Gramaglia che, in quegli anni, era nella Direzione nazionale del partito. Perla prima volta assistette anche una delegazione di Rifondazione comunista, con il comboniano Eugenio Melandri.
Oltre a noi italiani, tra gli osservatori internazionali dall’Europa erano presenti esponenti della SPD tedesca, del PS francese, del Psoe, spagnolo, e dei socialdemocratici austriaci.
Dei latinoamericani erano presenti una sessantina di partiti, di una ventina di paesi. Una parte consistente, in particolare quei partitini con sigle altisonanti (ma che, nella realtà, rappresentavano a malapena famigliari e parenti dei loro leader) erano, di fatto, "massa di manovra di osservanza cubana”. Invece altre forze rappresentavano il vero dibattito, aperto e controverso, in seno al Foro: oltre a PT e PRD, FMLN, MAS venezuelano, PS cileno, Frente Amplio uruguayano, URNG, PTD dominicano, MBL boliviano (venne Walter Delgadillo che, una quindicina d’anni più tardi, sarà tra i principali Ministri di Evo Morales). Il PRI messicano inizia, grazie ad un campione di questa disciplina di atletica-politica quale Gustavo Carvajal (geniale animatore della Copppal), ad insinuarsi nel Foro.
In Nicaragua tornerò varie volte. In particolare nell’ottobre ’95, con l’allora Responsabile organizzazione del PDS, Marco Minniti (in un viaggio che toccò anche il Guatemala e Cuba). Incontrammo Daniel Ortega, Sergio Ramirez, Victor Hugo Tinoco, Samuel Santos, Dora Maria Tellez, Orestes Papi e, dopo Genova ’92, ritrovai anche Alejandro Bendaña e Zoilamérica Ortega (non era ancora scoppiato il noto scandalo che vedrà coinvolto il padrigno).

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